2.6.11

Primarie e capibastone.



Quando Pisapia vinse, il 14 novembre 2010, le primarie per concorrere alla carica di Sindaco di Milano, l'ironia la fece da padrona. Si sprecarono i titoli dei giornali sulla incapacità del partito di Bersani nel prevalere persino nelle elezioni che si organizza da sé. Dopo lo spettacolo indecoroso di Napoli e, poco dopo, la vittoria di Zedda alle primarie di Cagliari, sembrava che non ci fosse più speranza. A sentir tutti, il PD era condannato alla sconfitta cronica. Invece ora sappiamo che quei commenti avevano indebitamente unito questioni profondamente diverse, confondendo e deridendo contemporaneamente il meglio e il peggio che il centrosinistra riesce a fare in Italia. Chissà, ad esempio, se Massimo D'Alema la pensa ancora come la pensava a gennaio, quando ci regalava alcune battutine sarcastiche sulle primarie. La verità è che la colpa del fallimento (sia delle primarie che del PD alle elezioni) di Napoli viene da lontano, dai tesseramenti drogati, dalla corsa alle preferenze ed alle clientele, dalla malamministrazione e dalla scientifica eliminazione del partito e dei dirigenti non allineati che Bassolino ed i bassoliniani hanno perpetrato negli ultimi 15 anni.
A fallire, a Napoli, non sono state le primarie. A fallire è stata una classe dirigente che non rappresentava più nessuno, se non la propria clientela.
A Milano, invece, le primarie hanno rappresentato un momento altissimo della coalizione. Scegliere il proprio candidato sindaco tra Boeri, Onida e Pisapia credo sia il sogno di ogni italiano progressista. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Milano cambia colore per la prima volta dal 1993, il PD è ad un passo dal diventare il primo partito e Boeri, candidato capolista, prende un mare di preferenze. Morcone, a Napoli, non arriva al ballottaggio ed il PD manda in consiglio comunale solo 4 consiglieri.
Quello che non capirono i commentatori di allora, evidentemente, l'hanno compreso perfettamente gli elettori.
Ora la domanda è: basterà il voto di Napoli a far capire al PD nazionale che un gruppo di capibastone non può e non deve governare la terza città d'Italia? Tutti sappiamo come ci sono arrivati ed è stato lo stesso Bassolino a spiegarci perché egli stesso è stato tollerato dal nazionale anche quando la sua parabola si era fatta discendente. Ma ora basta. Ora che il modello Bassolino oltre che deleterio per la città e la Regione, è diventato anche perdente, è giunta l'ora che il PD nazionale si svegli e cominci a gettare le basi per una nuova classe dirigente del PD campano, che sappia fare tesoro degli errori di questi anni e sappia interpretare e rappresentare realmente le complessità di Napoli, proponendo una soluzione progressista alle mille problematiche che ci portiamo dietro da tempo immemore.

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