4.6.13

Niente di personale (a meno che non si tratti di attaccare Renzi, of course)


Mi è capitato di leggere alcune dichiarazioni del neosegretario del PD, ex leader CGIL, Guglielmo Epifani. In particolare, in occasione della presentazione dell'ultimo libro di Veltroni, ha dichiarato
"In Italia tolto il Pd abbiamo una serie di partiti personali che, lo dico con rispetto nei confronti dei loro leader, sono i partiti più anti-democratici che esistono perché dipendono dai destini del leader".
Mi viene da chiedergli se ha riflettuto bene su cosa stia dicendo.
Lo so, Epifani vuole dire che il PD non è di nessuno, mentre gli altri partiti sono costruiti intorno ad una persona (PDL con Berlusconi, SEL con Vendola, Lista Civica con Monti, M5S con Grillo, etc. etc.).
Ma se avesse riflettuto un attimo in più, forse, avrebbe capito che la differenza tra il PD e gli altri partiti sta unicamente nell'avere più leader che si contendono il partito, mentre gli altri ne hanno uno solo.
Quando, nel 1995, mi iscrissi al PDS, le correnti (che c'erano, eccome, anche allora) si chiamavano "riformisti", "comunisti democratici", "miglioristi". Dopo un po' le cose cominciarono a cambiare, nacquero i dalemiani, i veltroniani, a Napoli i bassoliniani e così via, all'infinito, sempre più in basso. Oggi l'unica corrente che non si richiama ad un nome proprio di persona è quella dei "giovani turchi" (che, vabbè, hanno poi fatto incazzare gli armeni, ma è un altro paio di maniche), per il resto abbiamo (ancora) dalemiani e veltroniani, ai quali si sono aggiunti, nel tempo, prodiani, lettiani, franceschiniani, bindiani e così via, suffissando ad libitum (ma i finocchiariani no, non sono mai nati, vai a capire).
Ora, la personalizzazione dei DS e poi del PD rispetto al partito che conobbi quasi 20 anni fa mi pare innegabile. E quello che dice Epifani, che il destino dei leader condiziona le sorti dei partiti personali, è proprio quello che è successo ai DS ed al PD. Basti pensare a Bassolino in Campania (a proposito, il libro di quello che è stato il suo ideologo di fiducia, Mauro Calise, si chiamava proprio così: il partito personale) e a D'Alema su scala nazionale. Sono vent'anni che le sorti del centrosinistra italiano dipendono dalle lotte, personali e fratricide, tra i leader del centrosinistra. Tra i leader, non tra le idee. Epifani allora cosa rivendica?  Il sospetto è che, attraverso le dichiarazioni di facciata sui personalismi, voglia invece indebolire chi, in ottica congressuale ed elettorale, aspira alla leadership del partito, ovvero Matteo Renzi, accusato da sempre di essere il personalismo fatta persona.
Si dà il caso, però, che Renzi sia l'unico, da quando è nato il governo Letta, ad avere una agenda politica (ius soli, legge elettorale, finanziamenti ai partiti...), mentre dal "partito delle idee" PD, se si escludono gli anatemi, questi sì ad personam, arriva solo un silenzio impressionante. E, a pensarci bene, era così anche durante le primarie, con Renzi a indicare il proprio programma e Bersani a rincorrere i tacchini sul tetto.
A me hanno insegnato che, in politica, le idee si combattono con le idee e con l'agire politico. Epifani, invece, mi pare che corrisponda perfettamente a quella categoria di persone che, come diceva Paul Valéry,  quando non possono attaccare il ragionamento, attaccano il ragionatore.

Nessun commento:

Posta un commento

addthis