15.12.13

5 stelle: pagati per fare cosa?

Mesi passati a discutere delle diarie, degli scontrini, dei finanziamenti ai gruppi parlamentari. Un movimento il cui pressoché unico vanto è quello di non aver preso i rimborsi elettorali, dopo 10 mesi dalle elezioni di febbraio dovrebbe spiegare a 9 milioni di persone, ma vorrei dire a tutto il paese, che cosa ci sta a fare in Parlamento.
Perché non prendere tutti i soldi (perché una parte di soldi pubblici il Movimento 5 stelle li prende e come) dello Stato destinati alla politica può essere un vanto a patto di essere produttivi. A patto, cioè, di portare a casa risultati. E invece no.
Nel primo discorso ufficiale da Segretario del PD Matteo Renzi ha offerto un patto al Movimento 5 stelle. Sul tavolo c'è un sacco di roba: la legge elettorale, le riforme istituzionali, tagli alla spesa pubblica per un miliardo di Euro. Un miliardo. Più dell'equivalente che tutti i partiti hanno incassato come rimborsi elettorali negli ultimi 10 anni. Ma, soprattutto, una riforma vera dello Stato, che snellisce le istituzioni, che le rende più funzionali e, dunque, efficienti. 
Da Beppe Grillo sono arrivati i soliti insulti, ribaditi diligentemente dai parlamentari. Ma è per questo che 9 milioni di elettori hanno votato il Movimento 5 stelle? Per lasciare che il blogger genovese insulti i suoi avversari politici esattamente come faceva prima che il suo partito avesse l'exploit che ha avuto?
E tutti quegli eletti? Praticamente i parlamentari 5 stelle sono gli iscritti agli aggiornamenti di un blog più pagati del mondo.
Leggo da più parti che il rifiuto di Grillo sarebbe giustificato dalla proposta "ricattatoria" di Renzi. Beh, questa è chiaramente una scusa, anche abbastanza plateale. Renzi fa un'offerta complessiva nella quale i rimborsi elettorali, tra l'altro destinati comunque a sparire, seppur gradualmente, visto il Decreto Legge approvato l'altro giorno, giocano una parte piccola piccola. Il neo segretario del PD parla di una riforma epocale, coraggiosa. Una proposta che non si è mai sentita prima. Ed è lì, a portata di mano. Per la seconda volta nel 2013 il Movimento 5 stelle ha un'occasione pazzesca e per la seconda volta la sta gettando alle ortiche.
Alle proposte di Bersani venne risposto picche perché il Movimento 5 stelle, tuonava Grillo, non fa accordi di governo con nessuno, "valuteremo le proposte una alla volta". Ecco, Grillo ha valutato la proposta di Renzi ed ha deciso di non votarla. Non ha nemmeno risposto con una controproposta, niente.
Bersani è passato alla storia come quello che voleva smacchiare i giaguari, il Movimento 5 stelle sta passando alla storia per essere stato più gattopardesco della DC: cambiare tutto per non cambiare niente.
(e noi paghiamo).

12.12.13

I leader extraparlamentari non sono tutti uguali


Da più parti, da quando Matteo Renzi ha vinto le primarie del PD, si insiste su questa similitudine.
Renzi, Grillo e Berlusconi, si dice, sono tutti e tre leader che non siedono in Parlamento.
Berlusconi, addirittura, utilizza questa similitudine per sminuire la sua decadenza da Senatore, a causa dei noti fatti penali per i quali è stato condannato.
Ma esistono veramente delle affinità tra i tre?
Secondo me no.
Berlusconi ha una storia di 20 anni alle spalle, sia da Presidente del Consiglio che da capo dell'opposizione in Parlamento c'è sempre stato formalmente, ma non l'ha mai frequentato molto. E' stato colui che si è inventato il Ministro dei rapporti col Parlamento proprio perché non sopportava le liturgie d'aula. Paradossalmente lo status di Senatore è diventato fondamentale per lui solo quando lo hanno dichiarato decaduto.
Grillo ha una storia politica più breve, il suo Movimento è nato in contrapposizione alla "casta" e l'esponente per antonomasia della "casta" è proprio il parlamentare. Gli eletti 5 stelle all'inizio non salutavano i colleghi, non volevano farsi chiamare onorevoli ma cittadini, hanno discusso per 6 mesi di diarie e scontrini, con l'incubo di venire assimilati agli "altri". Grillo in Parlamento dice di non potersi sedere, in ossequio al proprio codice etico che vieta la candidatura dei pregiudicati, ma non gli dispiace affatto, anzi. Sarebbe impossibile recitare il suo ruolo di guru in giacca e cravatta dietro uno scranno di Montecitorio
Renzi, infine, non è in Parlamento solo perché è il Sindaco di Firenze. Il suo futuro è sicuramente parlamentare. Da neo segretario del PD ha voluto incontrare subito il Presidente del Consiglio ed i gruppi parlamentari e proprio sulle riforme ha fondato la sua campagna per le primarie.

La differenza è balzata agli occhi, in maniera plateale, di fronte alla sconsiderata protesta dei cosiddetti forconi che per due giorni ha messo a ferro e fuoco alcune città italiane.
Grillo accarezza la protesta, i suoi parlamentari si fanno riprendere dalle telecamere mentre parlottano con i manifestanti. Il m5s si guarda bene dal condannare le violenze ed i disagi che le manifestazioni hanno provocato. 
Berlusconi idem. Addirittura annuncia di voler incontrare i leader dei forconi. Poi ci ripensa e manda in avanscoperta Daniela Santanché. Il tentativo è quello di strumentalizzare la protesta in chiave antigovernativa, dando la colpa del disagio (che ovviamente è presente tra i manifestanti) a Enrico Letta che pure fino a pochi giorni fa Berlusconi ed i suoi sostenevano.
L'unico partito ad aver affrontato la protesta dei forconi con lungimiranza e senza demagogia è il PD.
Letta è stato chiarissimo nel dire che il disagio va ascoltato, ma che certe piccole minoranze di una categoria economica non possono parlare a nome di tutti, soprattutto quando quelle categorie sono state ascoltate già nelle sedi appropriate attraverso i loro rappresentanti istituzionali.
I forconi si fecero conoscere già 2 anni fa, con i blocchi stradali del 2011. Poi, ricordiamolo, alle elezioni siciliane del 2012 il fondatore del movimento Mariano Ferro ha ottenuto l'1,55%, dimostrandosi tutt'altro che rappresentativo.
Fanno bene il PD di Renzi ed il Presidente del Consiglio Letta a non sottovalutare la protesta, ma fanno benissimo a non assecondarla. Quello di cui abbiamo bisogno, in questo momento, sono le riforme. Di demagogia, negli ultimi 20 anni, ne abbiamo avuta a bizzeffe, grazie soprattutto a Berlusconi e Grillo, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

6.12.13

Saper competere, saper vincere e saper perdere.



L'8 dicembre è ormai vicinissimo, poche ore ancora e sapremo chi è il nuovo leader del PD.
Prima che i giochi siano fatti, però, vorrei sottolineare alcuni aspetti di questa campagna per le primarie e, in particolare, sottolinearne la differenza rispetto ad alcune del passato.
I competitors, come sappiamo, erano 4. Renzi, Cuperlo, Civati e Pittella, messi in ordine di pronostico.
Dopo il voto dei soli iscritti, che ha visto prevalere Renzi di circa 8 punti, è stato escluso Pittella, il quale aveva un po' sorpreso tutti per essere arrivato abbastanza vicino a Civati (6% il primo, 9% il secondo).
La campagna di Pittella, forte dello zoccolo duro della Lucania da cui proviene, è stata giocata molto sui temi dell'Europa (Pittella è europarlamentare). Era accreditato di una percentuale irrisoria (1% o 2%). E'andato ben oltre le aspettative. Se avesse superato Civati, che gode di ben altra popolarità e visibilità, sarebbe stato un esempio di scuola. Chapeau.
E veniamo agli altri 3.
RENZI
partiva con il ruolo di favorito. L'anno scorso era arrivato al 40% circa contro Bersani e dopo la disfatta dello smacchiatore e della sua idea di partito, sancita alle elezioni di febbraio, era naturale che la ribalta spettasse a lui che ne è stato il più fiero oppositore. La campagna di quest'anno è stata molto più sobria di quella del 2012, il sindaco di Firenze non aveva da recuperare consenso ma da gestire il vantaggio che tutti i sondaggi gli riconoscono. Ha riempito la campagna di contenuti e si è proiettato direttamente nella fase post primarie, tant'è che polemizza con lui Alfano mentre Berlusconi lo riconosce già come l'avversario.
Ha smesso i toni da rottamatore per usare quelli del leader. Il risultato di domenica gli darà torto o ragione. Dice che avrà vinto se otterrà il 50%+1 dei voti. Gli analisti credono che per cantare vittoria debba arrivare ben più su e, soprattutto, sperare in una alta partecipazione al voto. Secondo me l'obiettivo minimo è vincere, ogni punto superiore al 50% renderà la vittoria più netta. Se perde è un disastro.
CIVATI
parlo prima di Civati, perché secondo me la sua campagna merita la piazza d'onore. Partiva terzo, si è confermato terzo dopo il voto degli iscritti. Sperava chiaramente in qualcosa in più del 9% ma non si è dato per vinto e si è proiettato verso l'8 dicembre con coraggio e determinazione. Gli perdono certi toni un po' troppo scanzonati. Perdono meno l'atteggiamento troppo da fanclub dei suoi sostenitori. #VinceCivati è l'hashtag che si sono inventati ultimamente su twitter, dove il candidato monzese riscuote un notevole seguito. In molti sembrano crederci davvero, i media no di certo, visto che continuano a citare sondaggi in cui viene dato sotto il 15%. Sarà veramente così? E, soprattutto, quale risultato dovrà ottenere per poter dire, se non di aver vinto, almeno di aver fatto bene? Sicuramente se Civati dovesse arrivare secondo, superando Cuperlo avrebbe compiuto un miracolo e il suo risultato sancirebbe la sconfitta definitiva ed irrecuperabile del gruppo dirigente PCI/PDS/DS/PD legato ancora a Bersani e D'Alema. Stando ai sondaggi non sembra facile, ma chi può dirlo. Avrà perso, secondo me, se rimane fermo più o meno alla percentuale del primo turno. Tanto per dare qualche numero, perdente fino a 12-13%, bene fino a 16-17%, benissimo se sale ancora, strepitoso se supera Cuperlo.
CUPERLO
la vera nota dolente di queste primarie, secondo me.
Gianni Cuperlo è una persona squisita e dalle capacità personali indiscusse. Ma la strategia che ha scelto lo ha penalizzato parecchio. Il momento più basso per lui è stato il confronto su Sky, durante il quale non è riuscito mai a stare nei tempi, spesso è andato fuori tema, è parso scomposto in qualche attacco a Renzi. Insomma una tragedia. Giudizio unanime, tra l'altro, che dal giorno dopo ha reso in Civati più forte la convinzione che il secondo posto non è impossibile. Ma anche al di là del confronto in TV, si è voluta dare a Cuperlo una immagine un po' cattiva e livorosa, di uno che mette in bocca agli avversari parole e concetti mai espressi, capace di uscite addirittura clamorose, come quando ha detto (più volte) che Renzi sarebbe in continuità con il ventennio trascorso. Lui che si accompagna a D'Alema e Bersani.
Una mia amica che simpatizza per Cuperlo, su facebook, qualche giorno fa, ha postato una foto del principe con la fisarmonica di Candy Candy, dicendo che Cuperlo appartiene al suo immaginario dell'infanzia. 

Ecco, se avessero puntato su quel frame, sulla persona limpida che Cuperlo effettivamente è, invece di inventare panzane sugli avversari, forse avrebbero fatto una figura migliore.
Che risultato si aspetta Cuperlo?
I suoi sostenitori gettano in pasto a twitter e facebook previsioni apocalittiche, secondo le quali Renzi vincerebbe solo se prendesse il 70% con 3 milioni di votanti (ma vorrei vederli a cantare vittoria con, ad esempio, un 65%-25%-10%. Farebbero ridere gli osservatori politici di tutto il mondo di qui a 20 anni). Già sento ipotesi para-complottiste sul fatto che i media sarebbero tutti dalla parte di Renzi e bla bla bla. La verità è che Cuperlo (e ancora di più Bersani e D'Alema) in queste primarie si giocano parecchie delle loro possibilità di avere un ruolo nel PD nei prossimi anni. Non a caso D'Alema ogni tanto millanta la scissione.
Secondo me anche Cuperlo potrebbe dire di essere andato bene se supera la percentuale che ha preso al primo turno (38%). Strepitoso se vince. Male sotto al 35%. Se arriva terzo è un disastro.
Sono anche curioso di vedere le reazioni del giorno dopo.
Renzi lo scorso anno fece un discorso straordinario dopo la sua sconfitta. Diede atto a Bersani di aver avuto una vittoria netta, senza alibi.
Sapranno gli sconfitti di queste primarie esserne all'altezza? Vediamo. Le premesse non ci sono, ma sarò felice di essere smentito. Da come saprà vincere chi prevarrà e da come sapranno perdere gli sconfitti dipenderà molto del futuro del PD e dell'Italia.

3.12.13

Basta con la meglio gioventù

In verità il titolo poteva essere, l’Avvelenata generazionale, oppure Ci avete rotto le scatole voi e la vostra prosopopea sessantottina, (continua qui)

27.11.13

5 stelle. Pensavo fosse rivoluzione e invece era un calesse.


"Perché calesse? ...per spiegare al meglio la delusione di un qualcosa le cui aspettative non sono state mantenute, poteva essere usato un qualsiasi altro oggetto , una sedia o un tavolo, che si contrappone come oggetto materiale all'amore spirituale che non c'è più. Mi piaceva e poi si possono trovare tante cose con il calesse: si va piano, si va in uno, si va in due, ci sta pure il cavallo...Quando non è più amore ma <>, bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male...ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell'inizio." (M.Troisi)
Sono tra quelli che avevano riposto una qualche speranza nel risultato elettorale ottenuto dal Movimento 5 stelle. 9 milioni di voti. Tanti parlamentari. A 9 mesi dal voto il mio ottimismo di allora ha lasciato spazio ad una cocente delusione.
La montagna ha partorito un topolino, anzi, a ben guardare nemmeno quello.
Non voglio tanto parlare delle mille chicche e stramberie che i seguaci di Grillo ci hanno regalato in questi mesi (che pure un po' dovrebbero farci riflettere: tra microchip, scie chimiche, Pino Chet, sirene, l'uscita su Nassiriya, etc. etc.). Non mi voglio impicciare nelle loro beghe interne, tra epurazioni ed editti bulgari. Non voglio nemmeno tornare sul fatto che dopo aver passato i primi 100 giorni a parlare di scontrini e diarie hanno poi deciso di usarle, le diarie. E non voglio neanche stigmatizzare alcune forme di "protesta" utilizzate dai parlamentari (le ascese ai tetti del parlamento o i telefonini che suonano in aula) che potrebbero essere un tono di colore da affiancare all'azione istituzionale.
No, la vera delusione viene proprio dalla mancanza di una vera e decisa strategia parlamentare.
Conosco già la risposta dei pentastellati. "tagli alla spesa e reddito di cittadinanza sono una realtà grazie alla nostra esistenza".
Ebbene, rifiuto totalmente questo ragionamento. La battaglia sul reddito di cittadinanza, ad esempio, è vecchia come il cucco. In Europa si organizzavano movimenti transnazionali sul reddito di cittadinanza quando Grillo ancora non sapeva nemmeno cosa fossero i computer che di seguito avrebbe cominciato a spaccare. Negli ultimi 30 anni è stato un cavallo di battaglia di molti partiti di sinistra, rivendicarla da parte del M5S è solo un atto di arroganza.
E poi, che differenza c'è tra un sondaggio, una protesta ed un partito politico che viene eletto in parlamento?
Al M5S sembra sfuggire completamente la differenza tra proposta e protesta, tra denuncia e risultato politico. Sono 106 i deputati del gruppo M5S. E sono 50 i Senatori. Ma davvero ritengono di poter rivendicare come un loro risultato il fatto che altri approvino un provvedimento (peraltro minimo) sul reddito di cittadinanza? Ma davvero ritengono di aver impresso una svolta alla politica italiana?
E per quanto tempo ancora potranno invocare come "scusa" il fatto di non avere il 51% del Parlamento quando sappiamo tutti che ciò non avverrà mai? Un partito che non è stato in grado, dopo la parentesi dell'elezione del Presidente Grasso al Senato, di stringere una sola alleanza in Parlamento, che non ha approvato un solo provvedimento di rilievo, con che faccia si presenta ai propri elettori che ha illuso con la promessa di una rivoluzione? 
Sì, sì. Già li sento. "pdl e pdmenoelle sono la stessa cosa", "vergogna" e "vaffanculo". "Chi ti paga?" e altre amenità simili. Ma tutti gli insulti del mondo non cancelleranno la più grande occasione sprecata dell'Italia Repubblicana.

26.11.13

La sinistra superi il complesso di Caino

(Caino e Abele di Gaetano Gandolfi )

C 'è un passaggio del discorso di Matteo Renzi alla Convenzione del PD di Domenica scorsa che mi ronza in testa.
"Un leader", ha detto il sindaco di Firenze, "non crea seguaci ma altri leader. Liberiamoci dalla visione correntizia."
Quanto tempo era che non sentivo parlare in questi termini del problema della selezione del gruppo dirigente?
C'è stato un tempo, in Italia e nella sinistra italiana, in cui pensare ai dirigenti di domani, ai leader diremmo oggi, era all'ordine del giorno. Basti pensare alla storia del partito socialista e del partito comunista, dove i grandi dirigenti hanno sempre lavorato per assicurare la nascita e la crescita dei futuri gruppi dirigenti. Dopo Togliatti e Amendola sono venuti Napolitano e Berlinguer e poi Occhetto, D'Alema e Veltroni. Dopo Nenni, Pertini e Saragat sono venuti Mancini, Amato e Craxi.
Poi, ad un certo punto, quel processo si è interrotto, a partire dagli anni '80 le leadership della sinistra si sono occupate di preservare loro stesse anziché della loro successione. Al fianco dei leader, anzi, alle loro spalle, si sono affermati i cosiddetti delfini, sempre, immancabilmente, con qualcosa in meno rispetto al "capo". Così Martelli non era all'altezza di Craxi e, infatti, quest'ultimo precipitando agli inferi si è trascinato tutto il PSI. Così è accaduto nel PDS-DS, dove alle spalle del dualismo D'Alema-Veltroni c'era una classe dirigente ottima per i livelli locali (centinaia di sindaci) e per incarichi ministeriali (Fassino, Bersani) ma incapace di assumere su di sé le sorti del partito e, quindi della sinistra. I tentativi di qualcuno (Bassolino, Chiamparino, Cofferati) di assurgere a leader nazionale sono stati prontamente e scientificamente rintuzzati.
Negli ultimi 7 anni, dalla nascita del PD, il leader si è cercato tra le figure storiche (ancora Veltroni, Bersani), ma il tema della costruzione della leadership del futuro non è mai stata posto da nessuno. 
Anzi, figure emergenti del PD (il primo Renzi, Civati, Debora Serracchiani) sono state osteggiate e hanno dovuto affermarsi, nel loro ambito, in contrapposizione alla classe dirigente esistente. Leader nonostante il PD potremmo dire, parafrasando una celebre frase proprio di Debora Serracchiani.
Matteo Renzi, invece, alla vigilia delle primarie dell'8 dicembre, da leader in pectore del PD si pone già il problema della costruzione della nuova classe dirigente e se lo pone non in termini di potentato, di corrente, ma in termini positivi.
Non ha parlato di costruzione di una squadra di cui inevitabilmente sarebbe il capitano, ha parlato di leader che costruiscono altri leader, vale a dire potenziali competitors.
Un concetto rivoluzionario per la classe dirigente di sinistra dei nostri tempi, allevata dal padre al cui non ha mai osato ribellarsi ma pronta ad uccidere il fratello, potenziale competitor. Cambiare verso all'Italia, significa anche questo,  superare il complesso di Caino e pensare al futuro già a 38 anni, quando c'è ancora il presente da costruire. Senza, finalmente, paura della concorrenza.

20.11.13

Caso Cancellieri. Io la penso così.


Per me doveva dimettersi. Per Matteo Renzi anche. Per Cuperlo pure e persino per Civati.
Doveva dimettersi per buona parte dei parlamentari del PD.
Anna Maria Cancellieri, però, a dimettersi non ci pensa proprio.
Si sarebbe potuta votare una mozione di sfiducia individuale, visto che anche il M5S ne chiede le dimissioni.
Ma il Presidente del Consiglio Letta ieri si è presentato alla riunione di deputati e senatori e ha chiesto di non presentare alcuna mozione e di non votare quella del M5S. Lo ha fatto senza argomentare troppo. Anzi, senza argomentare affatto. Non ha nemmeno tentato una difesa della ministra. Ha detto solo "se sfiduciate lei, sfiduciate tutto il governo. Non ce lo possiamo permettere". 
I gruppi non se la sono sentita, quindi, di far cadere il governo.
L'attuale segretario del PD, Guglielmo Epifani, a quella riunione non c'è nemmeno andato.
Oggi tutti a dire che Renzi e Civati si sarebbero piegati.
Mi spiace, ma questa lettura è francamente inaccettabile. Né Matteo Renzi, né Cuperlo, né Civati sono segretari del PD. Renzi non è neppure in Parlamento. Chiedere a loro tre conto di questa scelta è davvero incomprensibile. 
Tutti a chiedere unità. Tutti contro le correnti e poi, alla prima occasione, tutti a chiedere che questo o quello (e i loro) votino diversamente da come si è deciso a maggioranza. Fatevi vedere da uno bravo.
Oggi ne sono più che mai convinto. Quello a cui abbiamo assistito è l'ennesimo colpo di teatro di un gruppo dirigente scollato dalla realtà e dal suo elettorato. Dall'8 dicembre si cambia registro. Si cambia verso.

19.11.13

Finalmente il PD e la sua gente vanno nello stessa direzione.

E' dal febbraio 2002, da quando Nanni Moretti urlò in piazza il suo sconcerto e la sua delusione dando le spalle a Fassino e Rutelli, che le strade del popolo di centrosinistra e dei suoi dirigenti si sono divise.
Ricordo altri momenti emblematici, come l'oceanica manifestazione del popolo dei girotondi a Roma il 14 settembre dello stesso anno. Ricordo il modo in cui gli elettori hanno sorpreso i partiti con la loro straordinaria partecipazione, prima per eleggere Prodi, poi per votare Veltroni e come si sono sentiti delusi quando il governo Prodi è caduto o, peggio, quando la sua candidatura alla Presidenza della Repubblica è stata bruciata in quel modo ignominioso.
Il momento peggiore di questa storia ultradecennale, secondo me, è stato ciò che è successo l'anno scorso alle primarie che hanno contrapposto Bersani a Matteo Renzi. 
Quel guazzabuglio di regole e paletti, di firme e dichiarazioni di intenti che il gruppo dirigente del PD inventò, circa 12 mesi fa, per limitare la partecipazione degli elettori, culminato nell'allontanamento dai seggi di quelli che volevano partecipare in occasione del secondo turno, è stata la rappresentazione plastica e impietosa di un distacco clamoroso.
Ho letto di recente un articolo di Ritanna Armeni, sul Foglio, che racconta benissimo un aspetto di questa divaricazione, quello tra la sinistra intesa come estabilishment e il popolo che la sinistra dovrebbe rappresentare. Armeni estremizza un po' gli esempi, ma sicuramente se pensiamo all'atteggiamento, al linguaggio, alla postura di D'Alema (per dire uno che rappresenta la sinistra in Italia da qualche lustro) e "quella famiglia che all’Autogrill si ingozza di panini, parla con un tono di voce insopportabile e non risparmia qualche scappellotto ai bambini", beh, è difficile immaginare due concetti più distanti.
Dopo la clamorosa sconfitta alle ultime elezioni del PD, dopo aver tergiversato per qualche mese, dopo aver ancora una volta discusso inspiegabilmente sulle regole, si è arrivati a queste benedette primarie e, forse, dopo oltre 10 anni, quella frattura tra gruppo dirigente e popolo di centrosinistra si è finalmente ricomposta.
Innanzitutto, va sottolineato che solo una delle quattro candidature, quella di Cuperlo, era diretta emanazione di un gruppo ben riconoscibile. Cuperlo viene dalla storia del PC, PDS, DS. Come D'Alema, Fassino, Veltroni e Bersani. Degli altri candidati, Pittella, coetaneo di Cuperlo, viene dal Partito Socialista, mentre Civati e Matteo Renzi sono di un'altra generazione.
In secondo luogo, dopo il primo voto, quello riservato agli iscritti e finalizzato a ridurre le candidature da quattro a tre, c'è stata la vera e propria notizia. Il più votato dagli iscritti è stato Matteo Renzi, quello che fino a poco tempo fa veniva visto come un infiltrato, un uomo di centro, se non di centrodestra.
Ed è stato votato con una percentuale alta, il 46,7%. Non la maggioranza assoluta, ma comunque una percentuale di tutto rispetto.
Per carità, questo voto ha aspetti controversi e Renzi lo sa benissimo. Ad andare al voto è stato un partito avvilito da mesi di lotte interne, che ha subito una vera e propria emorragia di iscritti nei 3 anni di segreteria Bersani. Un partito in cui le correnti hanno sclerotizzato la discussione e dal quale in molti sono stati allontanati. Tutto questo è talmente vero che da sempre Matteo Renzi insiste per cercare la legittimazione più ampia possibile, attraverso primarie aperte alla cittadinanza che, finalmente, si terranno l'8 dicembre.
E se l'8 dicembre Matteo Renzi avrà saputo catalizzare attorno a sé un consenso ampio, sia in percentuale che in termini di votanti, finalmente potremmo dire finita la dissociazione tra il PD ed il proprio elettorato che tanto ha nuociuto al centrosinistra e, di conseguenza, all'Italia intera.

18.11.13

Oggi più che mai c'è bisogno di mettere insieme la buona compagnia del PD

A notte inoltrata è ormai chiaro a tutti che Matteo Renzi è uscito vincitore, con circa 10 punti percentuali di vantaggio su Cuperlo, dalla tornata elettorale riservata agli iscritti per le convenzioni (caro Matteo, da segretario lavora anche per cambiare questo astruso regolamento).
La vittoria è arrivata dopo assurde e inutili polemiche sul tesseramento e dopo una incredibile querelle sui dati. Non riaprirò questo fronte, ma è pazzesco quello che è successo.
Ora sappiamo che Matteo Renzi è il candidato preferito anche dagli iscritti. Sono felice di questo dato che è il primo segno tangibile che si sta davvero cambiando verso. Eppure non basta. Per avviare sul serio il cambiamento del PD, del Governo e del Paese servono ancora 2 cose.
La prima: serve convincere il popolo delle primarie ad andare a votare l'8 dicembre. Non sarà facile, perché lo abbiamo ingannato e tradito quel popolo e, addirittura, l'ultima volta lo abbiamo allontanato dai nostri gazebo. Ma è necessario, perché un grande partito come il PD, alle prese con un rinnovamento epocale, ha bisogno di essere in sintonia con il proprio elettorato da subito. Serve la spinta propulsiva che solo i nostri elettori sanno dare.
La seconda: serve mettere insieme, a partire dal minuto successivo la proclamazione del nuovo segretario, quella che Francesco Nicodemo chiama da tempo la "Buona Compagnia" del PD. Ovvero quell'esercito di iscritti, elettori, amministratori e parlamentari che hanno voglia di mettersi in gioco per far ripartire il Paese. Lo dico da ora, quando l'8 dicembre è ancora lontano: nel nuovo PD ci sarà bisogno di tutti, a prescindere dal candidato segretario che si è sostenuto. Ci sarà bisogno innanzitutto dei 3 candidati che non avranno vinto.
Solo di qualcuno non ci sarà bisogno, di quelli che in questa campagna hanno avvelenato i pozzi.

14.11.13

7 motivi per cui scelgo Matteo Renzi



Per la mia storia, la mia formazione, le mie amicizie mi sento antropologicamente lontano da Matteo Renzi. Abbiamo la stessa età, ma mentre io occupavo la scuola ai tempi della Pantera lui andava in giro con gli Scout, mentre io andavo all'Istituto Italiano di Studi Filosofici a cercare di capire meglio quello che mi aveva insegnato il mio prof. di filosofia, lui andava alla Ruota della Fortuna. Non c'è, quindi, tra me e lui quel sentimento di appartenenza comune che lega talvolta chi ha la stessa età. Eppure oggi e, per la verità, già alle sciagurate primarie dell'anno scorso, sono un convinto sostenitore di Matteo. Anzi, credo che queste primarie del PD rappresentino uno di quei momenti di svolta, in cui la scelta fa veramente la differenza. Un po'come fu quando si scelse tra D'Alema e Veltroni, vi ricordate, il popolo dei fax, oggi sarebbe "la rete". Allora, sbagliando, tifai per D'Alema e quella scelta, a mio sommesso avviso, ci ha condannato a 20 anni di sconfitte e subalternità.
Oggi voto per Matteo Renzi:
1) perché il suo programma è la cosa più progressista e di sinistra che ci sia in Italia. Chi si contrappone a Matteo ha tendenze passatiste (Cuperlo) o fa parte della schiera di quelli (Civati) bravi a dire no, molto meno bravi a lavorare per un'alternativa possibile;
2) perché è un vincente. Si badi, vincente non vuol dire solo capace di vincere. Per me Matteo si è dimostrato vincente soprattutto quando ha perso. Non è caduto nella sindrome del "non mi hanno capito" o, peggio, del complottismo. Tanto per fare un esempio, l'altro giorno Bersani in Tv ancora dava le colpe della sua sconfitta elettorale al destino cinico e baro. Matteo no, eppure ne avrebbe avute di cose su cui recriminare. Dopo le primarie dell'anno scorso ha riconosciuto i meriti dell'avversario, l'ha sostenuto alle elezioni e poi ha guardato avanti;
3) perché parla in maniera schietta e diretta. Senza metafore e sottintesi. Dopo lustri durante i quali la sinistra è rimasta appesa ai sorrisini di D'Alema e ai tacchini di Bersani, non so voi, ma io non ne posso più. Ho un disperato bisogno di un leader che si sappia esprimere nella maniera più chiara possibile. Così magari torniamo a farci capire e votare anche da quelli che hanno studiato di meno e che da 20 anni votano Berlusconi e la Lega;
4) perché è un uomo dei tempi che viviamo, che sa usare la tecnologia e ne capisce le potenzialità per migliorare la nostra vita. D'Alema fa il sarcastico, tanto per cambiare, quando vede Matteo Renzi che risponde in diretta su Twitter agli elettori. "Non abbiamo bisogno di un dattilografo" dice. Ecco, noi perdiamo da 20 anni anche perché siamo stati guidati da gente che scambia Twitter  per una macchina da scrivere;
5) perché parla con tutti e lo fa in maniera cristallina. Chi si candida a governare un Paese deve saper avere a che fare anche con imprenditori e finanzieri. La differenza tra Matteo Renzi e quelli che lo hanno preceduto è che per sapere cosa dice Serra ci basta andare alla Leopolda, per sapere cosa dicevano Consorte e i vertici Mps abbiamo dovuto aspettare le intercettazioni. Non è poco;
6) perché in questi 20 anni di sconfitte lui non c'entra niente;
7) perché ha ragione De Benedetti, l'unica speranza che abbiamo è saltare una generazione. Con tutte le eccezioni ed i distinguo è arrivato il momento in cui i nati dagli anni '70 in poi devono prendere in mano il Paese. Io ci credo.

5.11.13

Quei cialtroni che si spacciavano per efficienti. Il sacco dell'Aquila.


Mentre impazza il dibattito sulle telefonate della Cancellieri, arriva una di quelle notizie sulle quali ci sarebbe da discutere per parecchio tempo.
E' stato reso noto il report di Soren Sondergaard, membro della Cont, la commissione di controllo del bilancio di Bruxelles, sulla situazione dell'Aquila a quattro anni dal terremoto che verrà discusso dopodomani in parlamento.
Nel documento a farla da padrona sono parole come sprechi, abusi, mafia. La Corte dei Conti Europea è impietosa nel certificare le cifre di un fallimento politico e amministrativo.
Ma il dato su cui vorrei soffermarmi è quello relativo alla contrapposizione tra "efficienza" e "burocrazia" che divenne il mantra di Berlusconi e Bertolaso nel post terremoto.
Ce lo ricordiamo tutti Bertolaso con le sue felpine ed i suoi giubotti della Protezione Civile che ci spiegava, dagli schermi televisivi, la sua idea di efficienza, fondata su prerogative da commissario straordinario? Ci ricordiamo Berlusconi che dettava le sue priorità, cambiava le procedure, spostava il vertice del G8 dalla Maddalena all'Aquila?
Il progetto C.A.S.E., la "new town"? E ci ricordiamo con quale disprezzo venivano trattati gli abitanti dell'Aquila che per qualche giorno divennero "il popolo delle carriole" perché con mezzi rudimentali andavano nel centro devastato, la cosiddetta zona rossa, a togliere macerie.
Bene, il report di Sondergaard oggi ci dice, in aggiunta a tutto ciò che sapevamo già, che quelle idee e quelle procedure erano anche inefficienti, costose e che la deroga alle procedure ordinarie ha consentito alla criminalità di entrare nella edificazione dei prefabbricati. Come sempre, poi, quando di mezzo c'è la criminalità, i prezzi sono lievitati (+158% dice il commissario) ed i materiali sono di scarsa qualità, tant'è che in qualche caso la magistratura ha dovuto sequestrare gli edifici.
Quello che è successo all'Aquila, quando, come ha accertato la magistratura in primo grado, persino il deliberato della Commissione Grandi Rischi dovette piegarsi alla operazione mediatica che Governo e Protezione Civile avevano messo in piedi, è la dimostrazione che abolendo "lacci e lacciuoli" sic et simpliciter non si fa altro che dare via libera ad affaristi, cialtroni e speculatori. Quelli che ridevano dentro al letto, mentre all'Aquila si moriva sotto le macerie, non avevano la preoccupazione di seguire una procedura, vincere un appalto, "tenere le carte a posto". Certo, le procedure e la burocrazia non hanno sempre impedito latrocini e ruberie, ma non è sostituendo le cialtronerie alle lungaggini che questo Paese può fare passi in avanti.
Impariamo, da tutto ciò, a diffidare dai collegamenti con le "sale operative" piene di gente che guarda monitor. Se proprio dobbiamo scegliere un modello, allora preferisco quello dei vigili del fuoco, un corpo efficiente e onnipresente, lontano dai riflettori e dalle sirene dei talk show, refrattario a scandali e corruzioni. Al quale, ovviamente, si continuano a tagliare fondi

4.11.13

La bufala corre sul web. Sulla pelle delle donne. (Terragni e Ravera mentono su Renzi)

Chi bazzica internet lo sa o dovrebbe saperlo, ci sono falsità, verità parziali, invenzioni o vere e proprie bufale che rimbalzano da un sito all'altro e che non riescono a fermarsi.
In Italia c'è chi, come Paolo Attivissimo, si dedica quotidianamente allo smascheramento di questi fenomeni.
In molti casi si tratta di leggende metropolitane, ma alle volte ci troviamo davanti a vere e proprie campagne di disinformazione. Come nel caso di cui voglio scrivere oggi.
Si tratta della delibera concernente il nuovo Regolamento di Polizia Mortuaria.
La questione diventerà, tra l'altro, anche il fondamento dell'ennesima querelle tra Civati e Renzi (per saperne di più sui rapporti tra Terragni e Civati date uno sguardo qui).
Della questione si sono anche occupati, in ordine sparso, il Fatto Quotidiano, Gad Lerner e Lidia Ravera.
Le cronache ci restituiscono un Renzi indignato per le polemiche.
Ma veniamo al dunque. Di che stiamo parlando?
A leggere i post di Terragni e Ravera sembra che a Firenze si sia approvata una delibera contro la l.194 sull'interruzione di gravidanza.
E invece, facendo un minuto e mezzo di ricerca su internet, scopriamo che:
Il D.P.R. 21 ottobre 1975, n°803, intitolato "Regolamento di Polizia Mortuaria", stabiliva, all’articolo 7, che "su richiesta dei genitori il seppellimento anche dei prodotti di concepimento abortivi di presunta età inferiore alle venti settimane".
Avete letto bene, 1975. Già, proprio l'anno di nascita di Renzi.
Nel 1990 il DPR 803/75 viene sostituito dal DPR 10 settembre 1990, n. 285, il cui art. 7 stabilisce che
"comma 2: Per la sepoltura dei prodotti abortivi di presunta eta' di
gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete e dei feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina e che all'ufficiale di stato civile non siano stati dichiarati come nati morti, i permessi di trasporto e di seppellimento sono rilasciati dall'unità sanitaria locale.
Comma 3. A richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane.
Comma 4. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall'espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento alla unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto.
Dunque, i nati morti e gli abortiti possono essere, su richiesta dei genitori, seppelliti.
E vorrei vedere, aggiungo io. Ci mancherebbe che un paese civile imponesse di non seppellire il "prodotto di un concepimento", come recita con dicitura molto asettica la norma.
E allora? Quale sarebbe la colpa di cui si è macchiato Renzi agli occhi delle pasdaran Terragni e Ravera? Proprio non si capisce.
La Terragni pone una domanda "In effetti, essendoci già una legge che regola chiaramente la materia, non si comprende la necessità di un richiamo dettagliato in una delibera comunale: a che cosa serve ribadire?". A questa domanda potrebbe rispondere un qualunque cittadino che abbia una minimale conoscenza dell'amministrazione. Cara Terragni, non si tratta di ribadire, ma di regolamentare. Tutte le leggi che hanno bisogno di una procedura attuativa vengono recepite da atti amministrativi. Come anche tu avrai potuto notare, nella legge si parla di domande e di certificati. C'è bisogno di una delibera per stabilire a chi vanno presentate quelle domande, come, quando, chi è il responsabile del procedimento. Nella delibera, inoltre, bisogna individuare dove si effettua la sepoltura, con quali modalità, a quali condizioni. Cara Terragni e cara Ravera, è la normalissima prassi amministrativa.
Come ha spiegato Renzi, "Dal 1996 ad oggi 1019 feti sono stati seppelliti nella città di Firenze, è stata semplicemente recepita in un regolamento di polizia mortuaria che non veniva rinnovato dal 1969 e che quindi non prevedeva questo tipo di interventi".
Tutto semplice, no?
No, a quanto pare.
Ora, io voglio dire una cosa e la voglio dire chiaramente.
Una cosa è la politica, una cosa sono le panzane. Una cosa è criticare le idee, un'altra cosa è diffondere notizie false per screditare il prossimo.
Sono agnostico da sempre e credo che nessuno possa accusarmi di clericalesimo, perciò posso dire senza tema di smentita che:
1) l'attribuzione di Terragni e Ravera alla Giunta di Firenze di propositi contrari allo spirito della l. 194, basandosi sulla delibera in questione, non sta né in cielo né in terra.
2) nel merito, impedire a chi abortisca di seppellire il proprio figlio non nato è un pensiero di una barbarie assoluta. Chi lo sostiene e scrive dovrebbe vergognarsi.
3) mentre Terragni e Ravera sproloquiano di aborti e procedure di sepoltura, il mio pensiero va alle migliaia di donne che affrontano l'interruzione di gravidanza tra infinite tribolazioni interiori. Nello spirito della l.194, più volte evocato, credo ci sia soprattutto il rispetto per chi vive una scelta simile. Rispetto che in certe polemiche, proprio non vedo.

Aggiornamento

Oggi, 6 novembre, registro le parole di Cristina Giachi, Assessore all'Educazione, Fondi Europei, Università, Ricerca, Politiche Giovanili, Pari Opportunità del Comune di Firenze, che su Facebook scrive:
"Credo che si sia verificato un caso di disinformazione.A Firenze non abbiamo istituito nulla, solo recepito la legge attraverso il regolamento cimiteriale, come accade in altre città, proprio per evitare vuoti regolamentari che mettono il cittadino in difficoltà. Se una donna vuole seppellire il suo feto, come amministrazione, che le dici? "Non c'è il regolamento?" E delle più di mille sepolture già presenti nei nostri cimiteri che vogliamo dire? se non attuassimo la legge, allora sì che a quel punto si creerebbe lo spazio per le reazioni delle associazioni prolife e antiabortive. Ma se regoli in modo civile la legge e attui il regolamento è solo un fatto di civiltà: per assicurare la libertà a ciascuna donna di decidere in autonomia. Posto che io per prima a una donna, su un tema così doloroso e personale, non mi permetterei mai e poi mai di vietare nulla, proprio nello spirito della legge 194"
Spero che queste parole servano a segnare la fine di una polemica inutile, pretestuosa e irrispettosa del dolore e dei sentimenti di tante donne.

Aggiornamento #2 

7.11.13 Dal loro sito web Claudia Ravaldi e Alfredo Vannacci (che aveva già commentato questo post) dell'associazione "Ciao Lapo" chiedono le dimissioni di Lidia Ravera dalla carica di assessore alla cultura della Regione Lazio.
Qui il testo completo della lettera aperta che hanno indirizzato a Nicola Zingaretti.

25.10.13

Lo strano nuovo mondo di internet

"Lo strano nuovo mondo di internet" recitava una copertina di Time nel 1994.
Ah, da noi sta per rinascere Forza Italia.

10.10.13

Grillo, i clandestini e la cialtronaggine

Grosse polemiche, oggi, dopo il post con cui i padroni del Movimento 5 stelle (Grillo e Casaleggio) hanno messo alla gogna i due senatori (Maurizio Buccarella e Andrea Cioffi)rei di aver proposto un emendamento sull'abolizione del reato di clandestinità. L'emendamento, per la cronaca, ha ricevuto il parere favorevole del Governo ed è stato approvato in Commissione Giustizia.
Non voglio entrare nel merito del post dei proprietari del M5S, ma mi ha molto colpito un episodio di cialtroneria.
Nel post c'è un link
sotto le parole "molto più civili del nostro".
Incuriosito vado ad aprire il link, immaginando chissà quale ricerca, quale studio analitico.
Con mia enorme sorpresa, invece, il link porta a questa pagina.

Nientepopodimenoché una lettera a Sergio Romano, che allora teneva una rubrica sul Corriere della Sera. Lettera del 6 giugno 2008.
Una fonte (?) obsoleta. Ma non basta, perché nella lettera c'è un lettore che invoca severità contro l'immigrazione clandestina seguendo l'esempio degli USA ma la risposta di Romano avverte il lettore che sta incorrendo in errore e che l'esempio da lui posto non si riferisce ad un processo per il reato di immigrazione clandestina ma per utilizzo di documenti falsi.
Che dire, su un tema così importante 10 minuti per fare una ricerchina su google un po' più approfondita me li sarei aspettati da quelli che "adesso li apriamo come una scatoletta di tonno". #einvece

8.10.13

Altro che diversamente berlusconiani. Siamo alle solite.

Mentre sui giornali teneva ancora banco la giravolta in parlamento di Berlusconi sul voto di fiducia al governo Letta, ministri e sottosegretari tornano a dividersi sull'IMU.
Tornano i diktat del centrodestra e le resistenze del centrosinistra. Non riesco a non pensare che tutto ciò non è altro la continuazione del dibattito "berlusconi sì berlusconi no" che ci inchioda da 20 anni. Ancora una volta una falsa questione (perché l'IMU sulle case importanti con l'esenzione a 750 euro è una falsa questione) paralizza l'azione politica del Governo, così come in passato è accaduto con l'art. 18, con i DICO, con la lotta ai fannulloni e con mille altre chiacchiere da bar che si sono trascinate in Parlamento, in TV e sui giornali per mesi e mesi.
Non ne posso più. Non vedo l'ora, una volta e per tutte, di abbandonare questa prospettiva e di guardare finalmente avanti.
L'Italia ha bisogno di un cambiamento repentino e coraggioso.
Si badi, il coraggio non è quello che Giovanardi e Formigoni hanno mostrato voltando le spalle al loro leader ormai decadente e in procinto di essere cacciato dal Senato.
Quello, semmai, è l'ennesimo episodio di vile trasformismo, al quale purtroppo la politica ci ha abituati.
Loro sono coraggiosi quanto Scilpoti è responsabile.
Il coraggio, invece, è quello di rischiare qualcosa per ottenere qualcosa di più grande. Questo coraggio, in questo momento, lo può dimostrare solo il PD.
Rischiare la propria posizione di sterile predominanza in un governo anomalo per portare a compimento alcune delle riforme che aspettiamo da 20 anni.
Mettere mano alla macchina dello Stato, alla Pubblica Amministrazione, far ripartire l'agenda digitale, stabilire una direzione per il nostro sviluppo industriale.
Fare la legge elettorale.
I diversamente berlusconiani qualche giorno fa hanno semplicemente espresso un voto per salvaguardare le loro posizioni di potere nel Governo e nel sottogoverno. Chi si era illuso di trovarsi di fronte alla svolta storica, al parricidio, alla destra finalmente europea e alla palingenesi del centrodestra dovrà presto ricredersi. Sperando di non sprecare altro tempo coltivando illusioni.

3.10.13

Che noia Berlusconi e Giovanardi. Guardiamo avanti: Stazione Oltremare


Dopo le capriole di Berlusconi di ieri ho letto e ascoltato decine di interventi, analisi, discussioni. Da "per la prima volta Berlusconi è irrilevante" a "Letta ha vinto", da "non sottovalutate il caimano" a "finalmente nasce una destra moderna".
Beh, capisco che fosse in qualche maniera inevitabile, ma sono avvilito da tutto ciò. In particolare mi sconforta chi crede davvero che Quagliariello, Cicchitto, Alfano, Formigoni e Giovanardi possano far nascere una destra moderna, dove per moderna si intende, immagino, meno becera di quella che l'ha preceduta.
Berlusconi è finito il giorno in cui ha rassegnato le dimissioni da Presidente del Consiglio nel 2011. Da allora è minoritario, nel paese, in Parlamento, persino nel partito che ha fondato.
Tutto ciò che è accaduto da allora non è da ascrivere a lui, ma alla manifesta incapacità delle altre coalizioni. Da Monti a Bersani a Grillo hanno fatto a gara nel fare più errori, nel dissipare i milioni e milioni di voti persi dal PDL. Se uno di questi soggetti avesse avuto un progetto, un programma, una squadra di governo credibili, ora staremmo parlando di un'altra storia. Ma nel futuro dell'Italia non c'è più Silvio Berlusconi. Potrà darsi che la figlia Marina, che i più invocano come successora, riesca a prendere voti, forse gli attuali "scissionisti" riusciranno a tenere a galla il centrodestra, chissà, forse addirittura a governare. Ma la vocazione maggioritaria che ha sempre mosso Berlusconi è un lontano ricordo. I suoi proclami di rivoltare il Paese, il miracolo italiano, la rivoluzione liberale che ha millantato per 20 anni è fallita. Questo è un fatto.
Dal 2011 gli attori principali delle sorte politiche italiane si chiamano Napolitano, Monti, Bersani, Grillo, Letta. Domani (speriamo) Renzi. Di sicuro non Berlusconi.
Solo il tic inguaribile del centrosinistra e di parte dei media continua a far apparire Berlusconi al centro della scena. Se anche ieri avesse fatto cadere il governo, se anche avesse compattato tutto il PDL, nel nostro futuro non c'è Berlusconi. Non più.
E visto che non rappresenta più una ipotesi plausibile nel nostro futuro, io non ne voglio parlare più. Vorrei parlare di come tornare a fare politica. Di partecipazione e partiti. Di come, da sinistra, si possa costruire e sperimentare una nuova idea di Paese.
La prima occasione mi si presenterà tra pochi giorni, il 4 e 5 ottobre alla Mostra d'Oltremare di Napoli, con l'iniziativa "Stazione Oltremare".
Una due giorni di politica, nella quale discutere e confrontarsi su temi come "città, aree interne e fondi europei", "Pd: nuove forme di partecipazione", "Territorio: ambiente, energia e innovazione".
Il programma completo dell'iniziativa prevede la partecipazione di centinaia di giornalisti, amministratori, bloggers, cittadini, imprenditori e politici che hanno voglia di guardare avanti. Sperando che il congresso del PD si tenga presto.

11.9.13

Il mito della stabilità

Sono settimane, dal giorno della condanna definitiva di Berlusconi, che ascoltiamo ripetere quasi ossessivamente dal Presidente della Repubblica, dal Presidente del Consiglio, da Bankitalia e dalle principali testate giornalistiche che "far cadere il governo sarebbe una follia" che "l'instabilità può costare cara".
Il concetto rimbalza da un'intervista ad un'altra, da un giornale ad un tolk show, dal Quirinale al bar sotto casa.
Tra le nefaste conseguenze di una crisi di governo si annoverano, di volta in volta, il fatto che decadrebbero i provvedimenti che hanno rinviato l'Imu, l'impossibilità di "agganciare la ripresa", il fatto che si vanificherebbero gli sforzi fatti sinora.
Io, sinceramente, penso che ci stiano prendendo per il culo.
Questo governo non ha fatto niente o quasi niente. La cosa dell'IMU ancora non è chiara, ancora non è definitiva e, comunque, c'è l'ombra delle solite accise dalle quali attingere la copertura finanziaria. Tagli strutturali non se ne sono visti. Riforme nemmeno. La storia del comitato dei saggi non pare essere seria, specialmente in considerazione del fatto che il PDL dimostra ogni giorno di avere a cuore solo ed esclusivamente la pelle del proprio leader. E cosa pensi di fare Berlusconi, più di ogni retroscena, lo svelano i banner che girano in rete: torna Forza Italia, quindi si va a votare.
E allora, mi domando, non sarebbe meglio rovesciarle da sinistra queste larghe intese e dire: si vede la fine della crisi, ci vuole un governo riformista serio?

6.8.13

Youdem, la Geloni e il nemico Renzi


Piccola premessa, questo è un post un po' lungo. Un po' troppo lungo, ma per arrivare alla conclusione che mi preme non sono riuscito a fare meglio. Siccome, inoltre, sono in ferie e agisco con mezzi di fortuna, potrei aver mancato qualche citazione, se è accaduto me ne scuso, assicuro che non è intenzionale e sono pronto alla integrazione.

Dunque, chi sta un po' su Twitter e segue le vicende del PD lo sa. È uno di quei casi che gli inglesi chiamano "dell'elefante". Se in una stanza c'è un elefante, dicono, non c'è bisogno di alcuna dimostrazione, è lì, tutti lo vedono, nessuno lo può negare. Allo stesso modo, chiunque può notare che il profilo twitter di youdem, la tv del partito democratico, non ha in simpatia il sindaco di Firenze.
La direttora di youdem, Chiara Geloni, lo dice apertamente e non ne fa mistero, lei sta con Bersani, ci stava prima delle nefaste elezioni di febbraio, ci è rimasta dopo. Personalmente ho sempre trovato inopportuno che una giornslista, stipendiata dal partito, si esponesse così tanto, specialmente in un periodo importante come quello delle scorse primarie. Ma una cosa è l'opportunità e una cosa è il diritto e nessuno può negare alla Geloni il diritto di dire, a titolo personale, ciò che ritiene.
Youdem, però, no. Non può e non deve parlare a titolo personale, visto che si tratta di un'emittente del PD, di tutto il PD.
Già all'epoca delle primarie cercai di far notare come fosse assurdo che la tv del partito si occupasse, praticamente, solo di un candidato. Ne nacque una discussione su Twitter, che riassunsi in questo storify.
Da allora, ogni tanto, torno sulla questione e l'ultima volta è stata il 2 agosto.
Lo spunto me l'ha dato questo cinguettio della direttora alla quale mi è venuto spontaneo rispondere come segue

Ne è seguito un piccolo botta e risposta, nel quale ho ricordato a Chiara Geloni quanto scrissi nel mio storify. La risposta è stata che riguardava un periodo limitato (mica tanto, poi, due mesi a cavallo delle primarie) e la discussione si è conclusa con questo scambio:

Ora, se c'è una cosa che ho ben chiara è la distinzione tra fatti ed opinioni. E trovo che non ci sia niente di più scorretto che derubricare un fatto ad opinione, per due motivi: il primo è che non ci si assume la responsabilità delle proprie azioni, il secondo è che si rende impossibile qualunque discussione, visto che se si negano i fatti, tutto diventa possibile.
Allora mi sono deciso, nonostante in questo momento mi trovi in vacanza e non abbia a disposizione un pc degno di questo nome, a dimostrare che quanto io vado asserendo, e cioè che il profilo twitter di youdem non si occupa, o lo fa in maniera molto marginale, di Matteo Renzi. Un po' come faceva il TG4 di Fede per rispettare in qualche modo la par condicio. Emilio quando era costretto a parlare di Prodi metteva una foto sgradevole con il faccione del professore mentre faceva una smorfia, condiva le notizie con le sue di smorfie, gesticolando in maniera ironica e accompagnando il testo che stava recitando con una mimica facciale denigratoria.
Fede rimarrà, credo, a lungo inarrivabile nell'arte da lui inventata, ma vediamo come il profilo twitter di youdem (che io non so da chi venga gestito) si impegna per cercare di ignorare il sindaco di Firenze.
Innanzitutto i numeri:
Negli ultimi 3 mesi, vale a dire dal giorno in cui si è insediato il governo Letta, youdem ha fatto 28 tweet che si riferiscono a Matteo Renzi. Tanto per avere dei termini di paragone, nello stesso periodo i tweet che si riferiscono al segretario del partito, Epifani, sono 152, uno in più di quelli dedicati al Presidente del Consiglio Letta. Contiamo 18 citazioni per Bersani e via via a scendere tutti gli altri. I numeri ci starebbero, la tv del partito parla innanzitutto del proprio segretario e poi del presidente del Consiglio. Renzi arriva terzo nelle citazioni. Quello che colpisce è la qualità delle citazioni. Sono 28, analizziamo.
2 tweet sono risposte ad elettori PD che si lamentano del fatto che youdem non parli di Renzi:



5 tweet riguardano l'intervento di Renzi alla festa del PD di Carpi. Non ho l'agenda di Renzi, ma credo che abbia partecipato a parecchie feste del PD. La ricerca Renzi+"festa del PD"; su google notizie dà 1060 risultati. Questa, comunque, è l'unica citata da Youdem








Cinque sono tweet in cui youdem riporta una dichiarazione di qualcuno riferita a Matteo Renzi:







Al netto delle proteste dei followers di @youdem, della festa del PD di Carpi e delle risposte di qualcun altro a Renzi, il profilo twitter di youdem ha citato Matteo Renzi 16 volte in tre mesi.

Ma qual'è il sentiment di queste citazioni?

3 tweet si riferiscono ad un argomento "neutro" come la campagna elettorale:






 

Due sono i tweet riferiti alla presentazione del libro di Renzi a Roma:



Un tweet è "cumulativo" parla della direzione del PD e tagga alcuni nomi, tra cui Matteo Renzi

 E veniamo alle 11, reali, citazioni politiche di Matteo Renzi effettuate dal profilo twitter di Youdem
Si comincia l'8 maggio, dieci giorni dopo la nascita del governo Letta. Il "lancio" è

Renzi esce, credo, dalla sede del PD e gli rivolgono alcune domande. Lui non risponde. Non proprio una delle dichiarazioni indimenticabili di Renzi. Anzi, non proprio una dichiarazione in assoluto.

 Passano 3 giorni ed ecco un altro tweet:




tweet "tecnico", è l'intervento di Renzi alla assemblea nazionale del PD, youdem copre tutta l'assemblea e twitta gli interventi, tutti. Di alcuni fa anche il live tweet, non di Renzi.

Passano altri 8 giorni e


Si tratta di un estratto dalla trasmissione "In mezz'ora" di Lucia Annunziata. La dichiarazione è la più favorevole al governo di tutta l'intervista, comunque è corretta.
Passano altri 8 giorni

Si tratta di un servizio di TMnews, anche in questo caso, la citazione scelta per il tweet per me non è la più pregnante, ma almeno è formalmente corretta.

A distanza ravvicinata ("solo" 3 giorni) troviamo un altro tweet
stavolta è un estratto da "8 e mezzo" di Lilli Gruber. Si parla di legge elettorale e della mozione Giachetti, la citazione stavolta è pregnante e corretta.

Dopo la trasmissione della Gruber, dobbiamo aspettare 6 giorni per trovare un'altra citazione di Renzi. Per di più indiretta. Il sindaco di Firenze ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera e l'account twitter del PD ne dà notizia. Youdem ritwitta


Dopo addirittura 13 giorni, 2 tweet:

Per la prima volta youdem mette congresso e Renzi insieme. Sono due estratti dalla trasmissione Agorà di quel giorno. Renzi dice anche che il congresso va fatto subito.

Dopo il 19 giugno bisogna che passino 18 giorni per leggere un nuovo tweet su Renzi
Intervista del Direttore dell'Unità Sardo a Renzi alla Festa del PD, qualità delle immagini e dell'audio abbastanza scarsa, nel merito la citazione è poco pregnante. Il tweet viene riproposto il giorno successivo

L'ultima citazione è del 19 luglio, dopo altri 11 giorni di attesa

4 minuti di estratto da Bersaglio Mobile di Mentana, trasmissione di oltre 3 ore che ha avuto talmente tanto share da essere mandata in onda per due sere di seguito.

Questi sono i fatti, non le mie opinioni. La tv del PD ha parlato, nei tre mesi successivi alla nascita del governo Letta, di Matteo Renzi una volta ogni 10 giorni, nominando il congresso solo una volta.
Nello stesso periodo, tanto per fare un esempio, un giornale non di partito come il Corriere della Sera ha citato Matteo Renzi 125 volte, quasi 1,5 volte al giorno.
Il tono dei tweet di youdem lo può giudicare chiunque, soprattutto se lo si paragona a quelli dedicati, ad esempio, all'ex segretario Bersani:











30.7.13

Perché sono diventato favorevole alle primarie aperte


La prima volta che mi sono confrontato con il sistema delle primarie per individuare le candidature era il 1997. A Napoli c'erano da eleggere il Sindaco (e ben pochi dubbi c'erano sulla rielezione di Antonio Bassolino che, infatti, prese il 73%) ed il consiglio comunale.
L'allora segretario provinciale del PDS, Andrea Cozzolino, si fece promotore, tra i primissimi in Italia, delle elezioni primarie per l'individuazione dei candidati al consiglio comunale. Fu un'esperienza con luci ed ombre (certo niente al confronto di quella che avrebbe visto protagonista lo stesso Cozzolino nel 2011) ma ricordo perfettamente che all'epoca ero contrario alle primarie.
Il mio ragionamento era molto semplice (avevo 22 anni ed ero iscritto da 2 anni al PDS): un partito ha sostanzialmente due compiti, produrre idee e selezionare classe dirigente; se abdica al secondo compito diventa niente di più che un'associazione culturale. In più c'erano tutte le storture di un meccanismo come le primarie, dove chi era "popolare" aveva molte chances di essere selezionato rispetto a chi era solo bravo.
Il PDS a quelle elezioni ebbe un successo clamoroso, raggiunse il più alto risultato di sempre, andando oltre il 30%. Certamente influirono la forza di Antonio Bassolino ed il posizionamento del simbolo proprio a fianco del nome del Sindaco sulla scheda elettorale, ma è innegabile che anche l'esperimento delle primarie ebbe, tutto sommato, un impatto notevole.
L'episodio che mi fece cambiare idea definitivamente, però, sulla questione primarie accadde l'anno successivo, nel 1998. Spariva il PDS e nascevano i DS. Nella "cosa 2" come la chiamarono i giornali confluirono, tra gli altri, anche i Cristiano Sociali.
Ricordo che in sezione da me (la Vomero - Renato Caccioppoli), arrivò un elenco di Cristiano Sociali da inserire tra i tesserati. Erano una ottantina di nomi. La mia sezione aveva circa 300 tesserati all'epoca, ed erano 300 tesserati veri. All'improvviso ci veniva chiesto di inserire 80 nominativi sconosciuti (oltre il 25%) che avrebbero poi contribuito ad eleggere il segretario della sezione. Alla prima occasione, una assemblea degli iscritti, chiamammo gli 80 nomi che ci erano stati dati e scoprimmo che, in realtà, 70 di questi erano totalmente all'oscuro della loro iscrizione ai DS. Si trattava di tessere false. Sollevammo il problema con il segretario provinciale dell'epoca (Nicola Oddati) ma, come si usa fare in queste occasioni, ci venne detto che il problema era "politico" e che sarebbe stata trovata una soluzione. Ci fu una "mediazione" se così possiamo dire, ma indubitabilmente quello fu l'episodio che segnò l'inizio della fine della nostra sezione e, a mio modo di vedere, anche del disfacimento dei DS a Napoli.
In quel momento capì che parlare di "iscritti" molto spesso significa parlare di "tessere", fiches che si acquistano e che danno diritto ad un certo peso negli organismi decisionali. Chi aveva comprato quelle 80 tessere avrebbe contato per il 25% in un organismo mentre il suo peso reale era il 3%.
Nell'immaginario collettivo, quando si parla di iscritti si pensa ai compagni delle feste dell'Unità che si ammazzano di lavoro per raccogliere fondi, la verità è, invece, che si dovrebbe pensare ai pacchetti di tessere che, specialmente al sud, sono una triste e consolidata tradizione.
Se avessero contato solo gli "iscritti", Pisapia e Vendola non avrebbero mai avuto la possibilità di vincere le elezioni a Milano e in Puglia, al loro posto ci sarebbero stati i perdenti di sempre.
Per tutti questi motivi oggi sono favorevole a prendere le decisioni con il sistema delle primarie aperte, che sono sicuramente un sistema pieno di falle, ma almeno consentono di arginare il sistema semplice semplice dell'acquisto dei pacchetti di tessere. Con le primarie aperte la gente ai seggi ce la devi portare e, in questo senso, uno sforzo per favorire la partecipazione lo devi fare. Poi, certo, chi è determinato ad imbrogliare si inventa i cinesi, ma poi deve fare i conti con l'opinione pubblica e, infatti, quelle primarie vennero annullate.


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